Storia Triumph
1971 - 1983

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1961-1970 Indice Storia Triumph
1983-1990




1971  – OIL IN FRAME



1973 Triumph stabilimento Meriden



Le Triumph del precedente decennio erano considerate il massimo che un motociclista potesse desiderare, ma verso la fine degli anni ’60 la concorrenza giapponese si fa sempre più agguerrita culminando con la presentazione della Honda CB750 Four. Per il nuovo decennio
ci si aspetta dalla Triumph una gamma aggiornata, almeno per allinearsi alla concorrenza.

Il mercato USA, il mercato più importante per Triumph dopo quello interno, aveva infatti richiesto per il 1971 le stesse motociclette dell’anno precedente aggiornate con l’introduzione del freno a disco, il cambio a cinque marce e l'avviammento elettrico.

La presentazione della gamma Bsa/Triumph MY1971 è organizzata da Peter Thorntorn (responsabile del gruppo nel suolo americano) nel novembre del 1970 in California con uno sfarzoso e dispendioso incontro con giornalisti ed operatori del settore. Il meeting di quattro giorni si tiene nel “La Quinta Hotel” il più lussuoso e costoso albergo di Palm Spring in California. Nell’occasione è presentato un esemplare della nuova Bandit 350cc che avrebbe dovuto combattere l’avanzata della Honda CB350 nel mercato americano. Dopo i molti annunci, la pubblicità e le dichiarazioni, i giornalisti erano ansiosi di testare su strada la nuova arma inglese… purtroppo rimasero delusi dal fatto che l’unico esemplare presentato non era nemmeno funzionante! Nonostante l’imminente messa in produzione a Meriden i tecnici stavano ancora risolvendo grossi problemi di affidabilità…

La novità principale della gamma 1971 è il rinnovamento della ciclistica per quasi tutta la gamma: nuovo telaio denominato “Oil in frame”, la nuova forcella con molle interne e i foderi in lega leggera troppo simili alle italiane Ceriani e Marzocchi. Rinnovato anche l’impianto frenante con nuovi freni conici a tamburo a proposito dei quali un giornalista americano scrisse: "I tamburi delle nuove Bsa/Triumph ricordano quelli montati sulla Norton Manx. Potevano andar bene nel 1961, non oggi quando gli avversari stanno tutti montando i freni a disco. Questo non è un passo avanti, ma uno indietro!".

Il nuovo freno anteriore conico a tamburo non solo era già anacronistico (la concorrenza montava già i dischi in acciaio), ma era addirittura meno efficace della versione precedente a doppia camma progettata da Hele. Oltretutto la forma della presa d’aria, sviluppata da Umberslade Hall, faceva in modo che il freno si riempisse d’acqua in caso di pioggia!



1971 Triumph nuovi freni tamburo conici
1971 - Nuovi freni conici a tamburo: anacronistici e poco efficienti



Nonostante la sfarzosa presentazione, i segnali lanciati dalla casa inglese non sono per niente positivi e dall’inevitabile confronto con le maxi giapponesi le bicilindriche Triumph usciranno sconfitte su tutta la linea: freni a tamburo, cambio a quattro marce, vibrazioni, mancanza dell’avviamento elettrico e qualità della componentistica scadente.

Il primo contatto con le moto non fu però del tutto negativo: alla presentazione la stampa scrisse “tra le migliori Triumph costruite fino ad ora” riscontrando una miglior tenuta di strada rispetto ai modelli precedenti e sicuramente molto migliore rispetto alla concorrenza giapponese. La diretta concorrente della Bonnie era la Yamaha XS 650 che, pur meno dotata dal punto di vista telaistico, aveva il cambio a cinque marce, l’avviamento elettrico, distribuzione monoalbero e, dal 1972, il freno a disco anteriore il tutto condito con un’affidabilità migliore ed un prezzo inferiore.

Purtroppo anche dal punto di vista estetico le mitiche Triumph persero molto del loro fascino: verniciatura del telaio in grigio chiaro (rendendo così evidenti le pessime saldature e lo sporco), serbatoio e sella di nuovo disegno squadrato (in linea con i canoni degli anni ’70) che mal si accoppiavano con le linee tondeggianti del motore ed in generale con il resto della motocicletta.

Il progetto del nuovo telaio OIF fu letteralmente un bagno di sangue: elevati costi  di progettazione, elevati costi produttivi, elevati costi di garanzie ed il tutto a fronte di peso più elevato, minor maneggevolezza e più difficoltosa l’accessibilità al motore.

Un’altra ciliegina sulla torta furono i problemi causati dal fornitore Lucas: una grossa partita di batterie perdeva l'acido e i danni provocati vennero sostenuti completamente dal gruppo Bsa/Triumph.


OIL IN FRAME


La nascita del nuovo telaio deriva principalmente dalla necessità di soddisfare i nuovi requisiti normativi relativi all’inquinamento acustico richiesti da alcuni stati americani. Per limitare il rumore di scarico fu sufficiente adottare silenziatori a megafono assai più soffocati di quelli classici a bottiglia. Il problema più grosso da risolvere era il rumore di aspirazione: l’unico modo per ridurre i dB in aspirazione era quella di utilizzare grosse scatole filtro aria che permettessero la stessa portata d’aria dei carburatori “aperti”. Prendendo spunto dal settore automobilistico è progettata una scatola filtro adatta allo scopo che ovviamente richiede uno spazio per il montaggio, spazio occupato – nei precedenti modelli – proprio dal serbatoio dell’olio e dalla scatola della batteria. Nasce così l’idea di integrare il serbatoio dell’olio alla struttura del telaio. Il nuovo telaio “Oil in frame” ha anche la funzione di serbatoio dell’olio motore.

Il telaio OIF (nome in codice P39) fu disegnato con la consulenza di Joseph Bauer (progettista della parte ciclistica della Norton Commando). L’idea di avere il serbatoio dell’olio integrato del telaio presentava altri vantaggi teorici interessanti: minor peso, costi inferiori, miglior bilanciamento. D’altra parte già i fratelli Rickman avevano sperimentato con successo questa soluzione.

Il telaio è costituito da un tubo di grosso diametro che dal canotto prosegue fino alla sella per poi scendere dietro al motore. Questo tubo, sigillato, contiene l’olio motore ed il relativo filtro posizionato nella parte bassa.



1971 Triumph telaio OIF
1971 - il nuovo telaio OIF fa anche da serbatoio dell’olio


La progettazione del oil-in-frame ad Umberslade Hall seguì una strada completamente nuova rispetto al passato: è il primo telaio progettato con l'ausilio del computer. Il risultato dei calcoli strutturali è verificato con un banco prova appositamente costruito su cui viene testato il solo telaio simulando le sollecitazioni del uso in strada.


Verso la fine del 1969 iniziarono i primi collaudi del nuovo telaio sul quale è montato un bicilindrico 650cc BSA. Nonostante tutto il lavoro di calcolo e verifica al banco, in occasione delle prime prove il telaio P39 denotava segni di cedimento un po’ ovunque (cannotto di sterzo, culla inferiore, attacchi motore, in attacco cavalletto centrale).
Anche le forcelle risultarono molto più deboli di quanto previsto, tanto che all’inizio era piuttosto difficile trovare collaudatori disposti a provare il P39!

La messa in produzione fu molto difficoltosa. Il nuovo centro ricerche è completamente svincolato dalla produzione creando grossi problemi nello stabilimento di Meriden. I tempi di progettazione e messa in produzione si allungarono a dismisura, così come la comunicazione tra Meriden ed il centro di ricerche divenne sempre più difficoltosa. Nel novembre del 1970 data di inizio produzione per la gamma ’71, le attrezzature per la costruzione del nuovo telaio oil-in-frame non sono ancora pronte.

La dirigenza chiama
da Meriden Bert Hopwood per analizzare la situazione del progetto ed in generale dello staff di progettazione R&D di Umberslade Hall. Nella relazione dello stesso datata novembre 1969 si legge: “con più di 300 persone addette allo sviluppo e ricerca dovremmo poter far fronte ad ogni necessità, ma non è così e la ragione è fondamentalmente una cattiva organizzazione ed una cattiva scelta del personale.  Se non saremo in grado di effettuare dei cambiamenti radicali la nostra stagione 1971 sarà un disastro. Mai nella mia esperienza ho visto il rilascio di disegni per la produzione di pezzi che non sono stati nemmeno provati per il montaggio, per non parlare di una prova prativa. La situazione non può essere corretta se l’organizzazione attuale persiste.” Nessuna azione fu presa e Hopwood prende le distanza dal reparto R&D rendendosi disponibile solo “in veste di consulente per il reparto corse”.

Quando gli operai di Meriden tornarnano al lavoro dopo le vacanze estive, i
disegni costruttivi del nuovo telaio non sono ancora stati inviati dal centro di R&D. Non fu quindi possibile costruire le attrezzature e le dime di montaggio necessarie alla produzione e di conseguenza la produzione delle Triumph 650cc fu ritardata.

A Meriden si inizia così a produrre le Daytona 500 MY1971 e successivamente, nel mese di ottobre,
i gruppi motore/cambio per le 650cc. I disegni del telaio arrivano con un mese di ritardo a seguito delle innumerevoli modifiche introdotte a causa delle rotture e delle segnalazioni dei collaudatori BSA (si raccontano di oltre 1200 modifiche!).

Non appena fu pronto il primo esemplare P39 i tecnici di Meriden si accorgono che il motore Triumph non ci entra! Il motore entrava solo se venivano prima smontati i castelletti della distribuzione. Ma una volta tolti, questi non potevano più essere rimontati. Furono quindi necessarie ben diciotto modifiche al sistema di montaggio che comprendono modifiche alla testa, ai prigionieri, ai bulloni, alle guarnizioni…

Queste modifiche, fatte in fretta e furia, contribuirono ad aumentare ancora di più l'altezza della sella fino a raggiungere la quota di 864mm, troppo elevata per un motociclista medio. Per fare un esempio l'attuale Speed Triple, che non è certo una moto dalla seduta bassa, ha la sella a 810 mm da terra!

Le consegne del MY1971 iniziarono nel gennaio del ’71 con cinque mesi di ritardo, la stagione vendite, soprattutto negli USA, era stata quindi compromessa.

Tra il 1971 ed il 1972 sono apportate molte modifiche al telaio anche per migliorarne le quote ciclistiche e la maneggevolezza: steli forcella e ammortizzatori posteriori più corti, riposizionamene del telaietto posteriore con conseguenti modifiche ai fianchetti, ai corpi filtro e supporto batteria uniti ad una sella di minor spessore incernierata a sinistra anziché a destra. Con tutte queste modifiche finalmente nel  aprile del 1972 l’altezza della sella scende a 800mm.

Con la vendita della gamma 1971 dotate del nuovo telaio emersero nuove problematiche sia di progettazione che dovute alla scarsa qualità produttiva. I danni economici che ne derivarono (leggi costi in garanzia) prosciugano ancora di più le già vuote risorse del gruppo. Le problematiche di grippaggio e di rottura misero infatti in seria difficoltà la Triumph, costretta a cambiare in garanzia un numero impressionante di telai e motori.

Il tubo centrale del telaio, con funzione di serbatoio dell'olio, già aumentato di diametro in un primo tempo perché di insufficiente capacità, veniva lavorato così male che alcune sbavature di metallo andavano ad otturare i passaggi dell'olio. Accadeva spesso che dopo pochi chilometri gli acquirenti tornassero in concessionario con il motore grippato a causa della scarsa lubrificazione! Il problema fu risolto con la costruzione in casa di macchina per lavare a pressione i telai dopo la fase di saldatura.

Veniva anche criticato il colore scelto, grigio chiaro al posto del classico nero, che metteva in evidenza tutti i difetti di costruzione, a cominciare dalle orribili saldature, oltre che allo sporco. La cassa filtro dei carburatori andava ad interferire con la sella che si tagliava nella zona inferiore.

Molti motociclisti usavano scaldare la moto al minimo sul cavalletto: le vibrazioni e la torsione del cavalletto stesso finivano alla lunga con l’incrinare il telaio con la conseguente perdita dell'olio motore (gli attacchi del cavalletto erano infatti fissati sulla piastra inferiore di chiusura del serbatoio dell'olio).

Un altro aspetto peggiorativo del telaio OIF era la ridotta capacità del serbatoio dell'olio integrato da 3,4 a 2,3 kg. Oltra alla funzione di lubrificazione, l'olio motore svolge anche un'azione di raffreddamento del motore, e una minor quantità d'olio in circolazione equivale all'innalzamento della temperatura di lavoro del motore.

Ovviamente fu necessario ridisegnare il telaio con un ulteriore aumento dei costi del progetto. Nel corso del 1971 vennero prodotte ben tre differenti versioni del telaio fino alla soluzione “ottimale” nella versione ribassata dell'aprile del 1972. Tutto il lavoro di risoluzione delle problematiche emerse fu portata avanti dagli uomini di Meriden e non dai tecnici del centro di ricerca di Umberslade Hall che furono coloro che gestirono in malo modo tutto il progetto costato milioni di sterline.

Il progetto Oil in Frame, come già detto, fu letteralmente un bagno di sangue: alti costi iniziali di progettazione, elevati costi produttivi, elevati costi di garanzie a fronte di peso più elevato, minor maneggevolezza e più difficoltosa l’accessibilità al motore.



Nel maggio del 1971 all’interno del gruppo girano voci di un passivo di oltre un milione di sterline. Alcune delle persone chiave dell’azienda si lasciano convincere ad abbandonare il proprio incarico fra cui Peter Thornton, presidente della filiale americana, e nel luglio del 1971 il managing director Mr. Jofeh. Per Bert Hoopwood, ricordiamo il capo tecnico Triumph dal 1964 al 1973, fu proprio il centro R&D voluto da Jofeh a portare alla rovina il gruppo: in soli cinque anni di gestione Jofeh il gruppo accusò un indebitamente di 22 milioni di sterline, una cifra impressionante per i tempi.

La situazione finanziaria è invece ancora più grave: il 30 luglio l’azienda conferma una perdita di 3 milioni di sterline nell’ultimo anno finanziario. Il fatturato dell’anno appena trascorso pari a £26,7mil è ben lontano dal budget previsto di £40mil; il valore del magazzino sale dai precedenti £9mil a £15,6mil. Per dare un segnale chiaro agli investitori il 2 novembre del 1971 Eric Turner, presidente del gruppo BSA dagli anni ’60, lascia suo malgrado l’incarico a Lord Shawcross caldamente supportato dalle banche.

A seguito dell’entrata di Shawcross e delle sue assicurazioni sulla possibile ripresa, la Barckley Bank concede un prestito di £10mil. In occasione del consiglio d’amministrazione del 15 dicembre 1971 viene confermata la vendita di alcune attività del gruppo. Il settore motociclistico è ora il core business del gruppo garantendo circa l’80% del fatturato globale. Negli ultimi due mesi dell’anno il personale di Birmingham è ridotto da 4500 a 1500 dipendenti mentre le linee di montaggio della BSA sono spostate a Meriden.

In questo modo il 75% della struttura di Small Heath può essere venduta e ricavare la liquidità necessaria per sopravvivere. Il bilancio è drammatico: con un giro d’affari di 40 milioni di sterline, il risultato finale è una perdita di 8,5 milioni vicini al limite concesso dalla banche. Prima della fine del '71 anche il centro R&D di Umberslade Hall verrà chiuso così come lo stabilimento di Redditch. Uno dei più grandi centri di ricerca mai visti in Europa rimase aperto per circa tre anni senza produrre un progetto tecnicamente valido e remunerativo. Per dare l’idea di come lavorava il centro ricordiamo alcuni soprannomi che guadagnò nei tre anni di lavoro: “Slumberglade Hall” – la radura degli addormentati – o “Marmelade Hall”. Altri tagli furono necessari e così venne chiuso il mitico reparto corse gestito da Hele, è abbandonato il
fallimentare progetto Ariel 3 ed è definitivamente cancellato il progetto Bandit 350cc.

Per spingere le vendita nel mercato interno il listino delle bicilindriche è ridotto del 15% e vengono messi in svendita una grossa quantità di ricambi.

Nonostante le oltre 30.000 moto Triumph vendute negli USA nei magazzini americani ci sono circa 11.000 motociclette che dovranno essere spinte con forti sconti. La messa in produzione della nuova X-75 Hurricane disegnata da Vetter per il mercato USA viene posticipata a causa della scarsa liquidità disponibile.

Per dare un idea del posizionamento Triumph nell’importantissimo mercato USA riportiamo le relative quote del 1971: 50% Honda, 30% Yamaha, poi Suzuki e Kawasaki ed al 5° posto la Triumph con il 6,9% del mercato. La moto più venduta in assoluto era la Honda Four CB350 e la CL350.

Nel dicembre del 1971 Bert Hopwood accetta l’invito di Lord Shawcross e ritorna nel consiglio di amministrazione del gruppo Bsa/Triumph con l’incarico di seguire la parte tecnico-ingenieristica.



Ma come è possibile portare al fallimento in meno di dieci anni un gruppo come la Triumph/Bsa che agli inizi degli anni ’60 era leader mondiale del settore? Come sempre la colpa è degli uomini ed in particolare delle persone a capo del gruppo. Non furono fatti investimenti per aggiornare gli impianti produttivi e molte risorse furono sprecate in progetti assurdi. Il solo centro di ricerca di Umberslade Hall costava circa £1,5mil all’anno quando nel 1969/70 i profitti del gruppo erano scesi da £588.000 a £352.000.

Tra i progetti disastrosi del gruppo BSA ricordiamo l’Ariel 3 costato due milioni di sterline di investimenti e la Bandit 350cc che costò al gruppo altre £500.000. Un’altra causa che peggiora la situazione fu lo scarso successo della prima versione della Trident dovuto principalmente all'estetica disegnata dalla OGLE (e voluta da Jofeh & C.).

Abbiamo quindi da una parte il decadimento della qualità generale del prodotto e la mancanza di nuovi progetti e dall’altra, la concorrenza giapponese che diventa sempre più aggressiva. Le case giapponese infatti grazie agli investimenti fatti nelle linee produttive e all’utilizzo di nuove tecnologie riescono a proporre sul mercato un prodotto tecnologicamente avanzato, affidabile e più economico delle motociclette inglesi.

A fronte di una situazione produttiva e finanziaria disastrosa, dal lato sportivo le trecilindri ottengono ottimi risultati nei campi di gara: Daytona, 24 ore di Bold’Or, TT, Formula 750.

ARIEL 3

Il gruppo BSA acquista i diritti di un prototipo di ciclomotore a tre ruote dallo studio GL Wallis & Sons ed allo stesso tempo assume un loro responsabile per metterlo a capo del progetto. I tecnici del gruppo R&D di Umberslade Hall non ascoltano i consigli dei progettisti del prototipo e decidono di modificare e rivoluzionare il progetto: il nuovo ciclomotore commercializzato con il marchio Ariel sarà un disastro colossale. A fronte di investimenti per oltre due milioni di sterilne verranno venduti solo qualche centinaia di pezzi.

Il motore a due tempi da 50cc è di prodozione olandese (Anker). La forcella anteriori poggia su grossi tamponi di gomma mentre il telaio è collegato al posteriore con un originale sistema a giunto meccanico che permette di inclinare nelle curve la parte anteriore del veicolo lasciando le ruote motrici posteriori ben salde al terreno.

1971 Ariel 3



1971 Ariel 3 1971 Ariel 3 1971 Ariel 3
L'Ariel 3, costato oltre 2 milioni di investimenti, doveva essere venduto 25.000 esemplari nel primo anno di commercializzazione: ne saranno prodotti poche centinaia di pezzi!


La T100C 500cc torna in produzione con pochissime modifiche rispetto al modello precedente e nel contempo esce di produzione lo scooter T10 prodotto praticamente invariato dal 1965 anno di presentazione. La trecilindri Trident abbandona finalmente le linee squadrate per tornare alle linee classiche della Bonneville grazie al serbatoio a goccia. Maggiori informazioni sulla pagina dedicata alla Trident.

La gamma monocilindrica Triumph viene aggiornata con l'introduzione dei nuovi modelli T25SS Blazer SS Street Scrambler e la T25T Trail Blazer entrambi motorizzati da un mono 250cc inserito in un nuovo telaio con funzione del serbatoio dell'olio. Questi modelli verranno prodotti in pochissimi esemplari nel 1971 anno in cui termina la produzione dei monocilindrici progettati da Triumph. In realtà nel 1973 verrà commercializzato in pochi esemplari la Triumph TR5MX Avenger sostanzialmente il modello monocilindrico BSA B50MX marchiato Triumph e prodotto negli stabilimenti BSA.



1971 Triumph T25SS Blazer
1971 - T25SS Blazer Street Scrambler



La gamma del 1971 è quindi composta da: T150 Trident 750cc, T120R Bonneville 650cc, TR6R Trophy 650cc (street scrambler), TR6C Tiger 650cc (singolo carburatore), T100R Daytona 500cc (doppio carburatore), T100C Trophy 500cc (street scrambler), T25 Blazer SS 250cc (street scrambler monocilindrico), T25 Trial Blazer 250cc (trial monocilindrico). A catalogo è presente anche la Bandit 350cc che in realtà non entrerà mai in produzione.


Visto lo scarso successo della Bonneville MY1971 nel mercato americano, il designer Craig Vetter è incaricato da Triumph USA di ridisegnare la bicilindrica 650cc. Se siete interessati a questa storia leggete la pagina dedicata alla Bonneville TT di Vetter.


1971 Pubblicità Triumph
1971 - Pubblicità Triumph pubblicata su Motociclismo  Luglio 1971



1971 Triumph Parcy Tait Trident
1971 - Il pilota collaudatore Percy Tait in sella alla mitica Trident da corsa



1971 Triumph Trophy TR6 650
1971 - Triumph Trophy TR6 650cc


1971 Triumph Daytona 500 T100T
1971 - Triumph Daytona T100T 500cc



1971 Catalogo Triumph

1971 Catalogo Triumph
1971 - Copertina catalogo Triumph




1972 - PROGETTO MODULARE di Bert Hopwood

Con l’inizio del 1972, risolti i problemi di messa in produzione della Bonneville O.I.F. e messe le basi per i modelli dei prossimi due anni, la nuova priorità è quella di creare un nuovo piano sviluppo prodotto.

Bert Hopwood aveva in merito idee chiare: una nuova generazione di modelli con una ampia gamma di motorizzazioni. Secondo il tecnico ci sarebbero voluti almeno tre anni di lavoro prima di produrre il primo modello. Era chiaro per tutti che avrebbero dovuto trovare i fondi necessari per sopravvivere altri due-tre anni in attesa di entrare in produzione con una nuova generazione di motociclette per il rilancio.

La gamma prevista nel progetto modulare di Hopwood era composta da un modulo base monocilindrico da 200cc che poteva essere combinato fino ad ottenere un cinque cilindri da 1000cc. Questi motori avrebbero avuto molte parti in comune al fine di ridurre gli investimenti iniziali del progetto (questo concetto sarà poi ripreso da John Bloor con la nuova Triumph di Hinckley).

Il progetto prevedeva grossi investimenti nelle linee produttive per adeguarle alle moderne tecnologie. L’obiettivo era di creare una gamma che potesse rimanere in produzione per almeno sei anni senza grosse modifiche. Un altro punto fermo del progetto era la ricerca di un sistema che permettesse di ridurre il più possibile gli errori di assemblaggio e di diminuire la frequenza degli interventi della manutenzione.

Dopo la prima messa in produzione sarebbe stato possibile, con poche modifiche, aumentare la cubatura di un 25% potendo quindi allungare la vita del progetto. La gamma motori prevista era composta da:

-    200cc monocilindrico incrementabile a 250cc
-    400cc bicilindrico incrementabile a 500cc
-    600cc tre cilindri incrementabile a 750cc
-    800cc quattro cilindri incrementabile a 1000cc
-    1000cc cinque cilindri incrementabile a 1250cc




Triumph Hopwood progetto modulare 200cc
Disegno del monocilindrico da 200cc: il modulo base per la nuova gamma modulare di Hopwood


Triumph Hopwood progetto modulare 200cc
Bozzetto del monocilindrico 200cc - Notare il marchio NVT nella testata


Triumph Hopwood progetto modulare 1000cc
Bozzetto del cinque cilindri da 1000cc disegnato da Hopwood: si noti la somiglianza con la X-75 Hurricane



Le caratteristiche tecniche del monocilindrico base prevedono gli alberi a cammes in testa, possibilità di avviamento elettrico, lubrificazione a carter umido, versione a due e quattro valvole in testa e cambio a cinque marce.

Il nuovo sistema ad alberi a cammes in testa, forse la più grossa novità per Triumph, era già stato testato con il prototipo del motore Trident a 180°. Le nuove motociclette avevano anche una trasmissione finale innovativa, e nel luglio del 1973 una Bonneville fu modificata per verificare l’affidabilità di questo nuovo sistema.

Il monocilindrico con misure 67mm x 56,6mm avrebbe dovuto garantire una potenza di circa 18bhp a 9000 rpm nella versione due valvole e 22 bhp a 9600 rpm nella versione a quattro valvole per cilindro. Da questa base si sarebbe poi potuto ottenere prestazioni maggiori per le versioni più sportive.

Massima attenzione era posta alla riduzione della possibilità di trafilaggi di olio durante la fase di progettazione. Questo interessante progetto verrà abbandonato dalla nuova dirigenza preferendo dirottare le risorse su altri progetti, che si riveleranno disastrosi, come il motore Wankel (ripreso successivamente dalla Norton).


Nel mese di marzo il saldo contabile del gruppo era pericolosamente vicino al limite di 10 milioni di sterline garantito dalla Barclays Bank. Il profitto previsto per il 31 luglio 1972 (fine anno finanziario) era pari a 900.000 sterline, ma già ad aprile era chiaro che l’obbiettivo non sarebbe stato raggiunto. La situazione era critica ed il clima in azienda pessimo: innumerevoli discussioni aggiunte all’incremento degli interessi bancari incidevano pesantemente nel performance del gruppo.

Le motociclette accumulate nei magazzini americani furono vendute grazie ad una politica di sconti, e finalmente la Trident iniziava ad essere apprezzata nel mercato USA. A dirla tutta la produzione non riusciva a soddisfare la richiesta del mercato per le tre cilindri. In un momento in cui sarebbe necessario il massimo sforzo da parte di tutta l’azienda, i sindacati pensano bene di organizzare scioperi riducendo così il numero delle moto prodotte e lasciando ancora più spazio alla concorrenza. Nel solo mese di marzo, a causa degli scioperi, vennero lavorati 14 giorni su 20 causando una perdita di 180.000 sterline contro le 12.000 previste. Fortunatamente aprile e maggio si concludono rispettivamente con un profitto rispettivamente di £105.000 e £393.000.

Il bilancio dell’anno finanziario 1972 si chiude con una perdita di £465.000 ai quali vanno aggiunti £674.000 di interessi accumulati con le banche. Rispetto all’anno precedente in cui furono registrati £3.000.000 di perdite la situazione era migliorata ma non sufficiente per accontentare i finanziatori.

Con la fine del 1972 l’ufficio tecnico capitanato da Hopwood è pronto per sottoporre al consiglio di amministrazione il nuovo progetto di motori modulari per ottenere la necessaria approvazione ed iniziare la costruzione dei primi prototipi.

Era chiaro che senza opportuni finanziatori esterni non sarebbe stato possibile finanziare un progetto così ambizioso: per poter portare a termine questa prima fase era necessario un investimento di £5.000.000. Lord Shawcross è la persona incaricata di rivolgersi al Dipartimento del Commercio e dell’industria inglese per ottenere la necessaria copertura finanziaria.

Secondo la ricerca commissionata dal governo inglese una casa motociclistica in buona salute avrebbe potuto guadagnare oltre £30mil all’anno grazie anche alle esportazioni all'estero. E' quindi approvato un finanziamento per l’industria motociclistica di £20.000.000. Questa cifra non è però riservata al solo gruppo BSA/Triumph: il “Deparment of Trade and Industry” inglese infatti avrebbe finanziato la creazione di un nuovo polo industriale capitanato da Dennis Poore nato dalla fusione delle due più grandi case inglesi BSA e NORTON NV.

Il governo inglese infatti non si fidava degli operai della Triumph che giudicava, non a torto, troppo inclini allo sciopero con la conseguenza che il gruppo BSA/Triumph fu spinto tra la braccia di Dennis Poore della Manganese Bronze Holdings, da tanti giudicato l’uomo dei miracoli da come era riuscito a sollevare le sorti della Norton e della AJS (almeno così sembrava).

La NV, Norton Villiers, era stata creata nel 1964 da Dennis Poore della Manganese Bronze Holding (società che oggi, nel 2010, si occupa della costruzione e manutenzione dei taxi londinesi - www.manganese.com
) per unificare il marchio Villiers a quelli della Associated Motor Cycles fra cui ricordiamo AJS, Matchless e Norton. Poore era un ex-pilota che aveva salvato la Norton e la AJS dalla bancarotta e stava cercando di acquisire tutti i marchi motociclistici inglesi, compresi Triumph e BSA, per ricostruire una grande azienda britannica.



Dennis Poore in sella alla Trident
Dennis Poore in sella alla Trident



Il 30 novembre 1972 Dennis Poor (Norton NV) e Lord Shawcross (BSA/Triumph) si incontrano per mettere a punto i dettagli della fusione. Tutta questa trattativa avrebbe dovuto rimanere, per ovvie ragioni, segreta tanto che in tutto l’incartamento del caso, la Norton era chiamata “Zebra” e la BSA “Gambelunghe” (Longlegs).

Dal punto di vista della gamma motociclistica va ricordata l’introduzione del cambio a cinque marce sulla Trident e la nascita della TR5T Trophy Trail, una scrambler progettata per il mercato americano che nel resto del mondo è venduta con il nome di Adventurer (maggiori informazioni alla pagina Trophy).

Per la Bonneville è disponibile
optional il cambio a cinque marce che diventerà di serie in poco tempo. Da ricordare inoltre l’evoluzione del bicilindrico portato a 725cc (alesaggio da 75mm) nel mese di agosto e successivamente a 744cc aumentando l’alesaggio di 1mm. Dal mercato americano infatti giunge forte la richiesta di una Bonneville di cilindrata maggiorata, e la sette e mezzo capace di 52 CV entra in produzione nel settembre del 1972.

250.000 sono le Bonneville prodotte dalla presentazione del 1958.

Nel settembre del 1972 i tecnici sono impegnati con la nuova versione della Trident: il motore incrementato a 830cc è in grado di erogare 67 CV a 8300rpm ed è dotato di avviamento elettrico di serie. Il tecnico Doug Hele, modificando il sistema di scarico, riesce ad incrementare la coppia disponibile ai medi regimi ed a ridurre la rumorosità di 4dB. Questo nuovo modello avrebbe dovuto sostituire la Trident e la BSA Rocket III ma a causa del tracollo del gruppo non entrerà mai in produzione. Fra i prototipi risalenti a questo periodo va ricordato un motore bicilindrico dotato di dispositivo per ridurre le vibrazioni:


1972 Triumph Prototipo 650cc con equilibratore
Prototipo bicilindrico con dispositivo di equilibratura del motore per ridurre le vibrazioni



1972 prototipo 650cc su telaio Bandit
1972 - prototipo bicilindrico 650cc accoppiato al telaio della Bandit 350cc


Wankel

Va ricordato che negli ultimi anni il gruppo R&D di Umberslade Hall aveva sviluppato un prototipo del motore Wankel che era arrivato allo stadio di test. Il prototipo Wankel, montato su un telaio di una BSA 250cc,  ha un singolo rotore dda 300cc e singolo carburatore. Il prototipo non era del tutto a punto, e per correggere alcuni errori sarebbe stato necessario aggiungere un intercooler aumentandone così i costi. Dopo anni di sperimentazione, e centinaia di migliaia di sterline di investimento, il Wankel non era ancora pronto ad entrare in produzione. Il progetto porterà poi all'evoluzione nel birotore preso in gestione dalla Norton che lo elaborerà fino al 1992.



1969 BSA Wankel
Prototipo BSA Wankel in test nel 1969




Al tempo il Wankel era in auge anche presso i giapponesi sia nel settore motociclistico che nel settore automobilistico: in particolare la Mazda aveva già in produzione un motore di questo tipo.

Nel giugno del 1972 la NSU-Audi mette in vendita la licenza per la produzione del motore Wankel. Spinti anche da altre aziende inglesi interessate al progetto, il gruppo BSA/Triumph decide di acquistare la licenza Wankel a £129.000 e di costruire sei prototipi dotati di questo propulsore accoppiati ad un cambio manuale a sei marce ed in alternativa una trasmissione automatica. I costi per questi prototipi sarebbero stati divisi fra tutti i partecipanti al progetto in particolar modo l’azienda che avrebbe provveduto a progettare la trasmissione automatica.


La licenza da il diritto al gruppo BSA di motori Wankel con potenza tra 35 e 60hp (per rotore). Per ottenere motociclette più potenti si pensa di utilizzare un motore a doppio rotore per una cilindrata totale di 1200cc.


Norton Wankel
Norton Wankel (CCM)


1973 - Nascita della NVT (Norton Villiers Triumph)


L'accordo per la creazione del nuovo polo motociclistico britannico, fortemente voluto dal governo, prevede che il gruppo BSA avrebbe acquistato la Norton Villiers dalla MBH, con la condizione che Dennis Poore sarebbe diventato presidente del consiglio d’amministrazione della nuova società e Lord Shawcross suo vice, mentre la MBH avrebbe acquistato tutte le società della BSA non direttamente interessate alla produzione motociclistica. In seguito le azioni della nuova NVT sarebbero dovute essere equamente divise tra gli azionisti della BSA e della MBH.

La notizia non rimane riservata ed il 14 marzo del 1973 i valori delle quotazioni BSA-Triumph precipiatano da 182 pence a 43 pence! A seguito di questa enorme perdita di valore, l’operazione di fusione tra la NV ed il gruppo BSA diventa un’operazione di salvataggio dove la MBH acquista il gruppo BSA per 3,5 milioni di sterline, una cifra molto inferiore al reale valore del gruppo. A seguito di un inchiesta da parte dell’organo di controllo della  borsa inglese, fu scoperto che il responsabile del crollo in borsa del valore della BSA/Triumph era un broker di nome Ralph Clarke che agiva su istruzioni di un suo cliente…. l’identità di questo misterioso cliente non fu mai svelata.

Il 17 marzo Poore prepara la bozza del documento di fusione con la richiesta al governo di un aiuto pari a £4.872.000 ai quali vanno aggiunti i ricavati della vendita delle attività non motociclistiche della BSA alla Manganese Bronze Holding per £3.500.000 e altri £2.000.000 pagati sempre dalla Manganese per il 50% delle azioni del nuovo gruppo Norton Villiers Triumph. Il 21 marzo la rivista inglese Motor Cycle News annuncia l’imminente fusione della NV con la Bsa/Triumph.

Il gruppo BSA nel frattempo cerca di temporeggiare non avendo chiari i futuri piani di Dennis Poore. La NV aveva un piano di sviluppo per i prossimi anni? Durante il consiglio di amministrazione BSA tenutosi il 2 aprile del 1973 è chiaro che senza un finanziamento esterno sarà impossibile fare gli investimenti necessari per produrre una nuova gamma di prodotto in grado di combattere ad armi pari i giapponesi. Il governo non è disposto a finanziare il solo gruppo BSA….  l’unica alternativa rimasta sembra essere la fusione con NV.

Nel frattempo a Meriden 300 operai lasciano autonomamente l’azienda ed il risultato del settore moto dell’aprile del 1973 è positivo di £390.000. Si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel: l’azienda crea profitti, c’è liquidità per investire in nuovi progetti e si inizia a sperare per il meglio. Purtroppo a causa di alcuni scioperi a Meriden le consegne raggiungono poco più del 65% degli ordini, e nonostante il mercato dia segnali positivi ed il portafoglio ordini sia in crescita i sindacati non sono intenzionati a trattare.

Il sindacato vedeva solo il lato peggiore della situazione: le azioni della BSA erano crollate, gli operai non avevano garanzie sul futuro, c’erano voci sulla possibile fusione con la Norton… e così non ebbero idee migliori se non proclamare scioperi rallentando così la produzione, proprio nel momento di maggiore necessità.

Non era più possibile rimandare: il gruppo BSA/Triumph non era in grado di soddisfare le richieste del mercato e l’anno finanziario 1973 si conclude con una perdita di almeno £2.000.000. L’accordo di fusione fra BSA e NV fu rivisto almeno dieci volte e solo nel maggio del ’73 fu pronta la versione definitiva. Il 7 giugno tutti gli stockholders del gruppo sono messi a conoscenza della versione definitiva dell’accordo che prevede appunto la creazione della NVT (Norton Villiers Triumph) la cui proprietà sarà per il 50% della Manganese e l’altro 50% degli attuali proprietari del gruppo BSA. Tutte le attività extra del gruppo BSA vengono vendute alla Manganese Bronze Holding per £3.500.000: Carbodies (costruttore di telaio e carrozzerie per auto fra cui quelle dei CAB londinesi), BSA Metal Components Division, BSA Guns, Birtley Ltd e BSA heating.
 
La fusione è ufficializzata il 16 luglio del 1973 e con l’acquisizione del marchio Triumph, la NV diventa NVT raggruppando ciò che resta dell’industria motociclistica inglese. La stessa data segna la scomparsa del marchio BSA, azienda che negli anni migliori arrivava a produrre 100.000 motociclette l’anno.
I piani di Poore, infatti, non prevedono il rilancio del marchio BSA: la più grande azienda motociclistica mondiale degli anni quaranta, chiude definitivamente i battenti ed il marchio BSA cade nell’oblio.

In occasione del primo consiglio del gruppo NVT vengono gettate le linee guida di sviluppo: abbandono delle piccole cilindrate dove non ci sono margini sufficienti di guadagno con conseguente abbandono del progetto modulare di Hopwood il quale, non vedendo una strategia chiara del nuovo managment, decide di dare le proprie dimissioni. Dennis Poore riesce a strappare a Hopwood la promessa di una visita presso lo stabilimento Norton per rendersi conto delle ottime possibilità del nuovo gruppo: come risposta dopo la visita presso gli stabilimenti di Wolverhampton, il 21 agosto del 1973 Bert Hopwood, in Triumph dal 1942, si dimette definitivamente dalla neonata NVT.

Nella lettera con cui conferma le sue dimissioni, Hopwood da la sua visione sull’andamento del nuovo gruppo NVT ed in particolare si esprime negativamente sulla priorità decise. Fra tutte, la priorità di Poore di progettare un nuovo bicilindrico 750cc sportivo per equipaggiare la Norton per il quale aveva già incaricato un ente di consulenza esterno. Secondo Hopwood era invece necessario rendere attivo il bilancio del gruppo puntando ad una nuova gamma di prodotti (il progetto modulare già pronto nel cassetto). Sembrava che Dennis Poore fosse interessato solo al marchio Norton e non si rendesse conto del capitale umano e tecnico disponibile in BSA/Triumph.

Dennis Poore ha sin dal principio le idee chiare e prepara un piano di ammodernamento del gruppo con l’obbiettivo di produrre 60.000 motociclette all’anno: 35.000 Bonneville, 15.000 Commando e 10.000 Trident a cui sarebbero seguiti nuovi modelli. Questi sono le promesse di Poore, promesse che non verranno mantenute.

Il gruppo possedeva tre stabilimenti produttivi, quello di Wolverhampton dove erano prodotte le Norton Commando, Small Heath dove si fabbricavano le Trident e Meriden che montava le bicilindriche 500 e 650cc. Small Heath era di gran lunga lo stabilimento più capiente, grande circa tre volte Meriden. Il
piano di razionalizzazione di Dennis Poore prevede di accentrare la produzione nell'unico stabilimento di Small Heath. L’idea di Poore era quella di continuare a produrre le Triumph bicilindriche a Meriden fino al febbraio del 1974 per poi procedere ad un graduale rallentamento dell’attività fino all’abbandono dello stabilimento prima della messa in vendita prevista per la fine del ’74.

Durante una visita presso il stabilimento Triumph di Meriden il 14 settembre del '73, Dennis Poore annuncia l’intenzione di chiudere la fabbrica e di trasferire la produzione negli impianti di Small Heath a Birmingham.
 
Norman Hyde, all’epoca dipendente Triumph, ricorda le parole contenute nel comunicato che Poore lesse di fronte agli uomini di Meriden e più o meno il succo del discorso era questo: “Ho un comunicato da leggere: abbiamo tre fabbriche ed una deve essere venduta. Abbiamo deciso che questa fabbrica chiuderà entro sei mesi. Lavorate duramente ed in buona armonia fino a quando verrete licenziati”. Il giorno successivo, il 15 settembre 1973, gli operai di Meriden entrano in sciopero ed inizia una lotta sindacale che durerà oltre un anno causando il blocco della produzione delle bicilindriche a Meriden. Denis Johnson, del sindacato inglese “Transport and General Workers Union”, chiude letteralmente i cancelli di Meriden con un catena impedendo l'accesso ai dirigenti e, allo stesso tempo, la spedizione delle motociclette finite.

Fu indetta una manifestazione per esprimere solidarietà con i "fratelli della Triumph” alla quale parteciparono duemila lavoratori dell’industria automobilistica.

Inizia così l’occupazione della fabbrica di Meriden che durerà fino al marzo del 1975.



Triumph Close Meriden
1973 - Prima pagina del Coventry Evening Telegraph del 11 settembre



Fra i progetti rimasti nel cassetto della Triumph/BSA ricordiamo l’allestimento del prototipo Thunderbird III e del prototipo di un tre cilindri con manovellismi a 180° (come la Laverda 1000 di quei tempi). Nessuno di questi progetti sembrava soddisfare Denis Poore che sognava un quattrocilindri inglese. Il sogno di Poore verrà concretizzato nel 1974 nel prototipo conosciuto con il nome di Quadrant.

In particolare la Thunderbird III sarebbe stata pronta per la produzione per l'inizo del 1973, il trecilindri - aumentato a 850cc - era in grado di erogare 67 CV a 8300 giri con una riduzione del rumore di 4 dB (requisito importante per i mercati americani):


1973 Prototipo Triumph Thunderbird III

1973 Prototipo Triumph Thunderbird III
1973 - Prototipo Thunderbird III - Notare l'impianto di scarico.... non ricorda la Thunderbird Sport degli anni '90?



La gamma del 1973 prevede alcuni nuovi modelli, l’introduzione per tutta la gamma del freno a disco anteriore, ed il cambio a cinque marce reso di serie per tutte le bicilindrice a partire dalle 650cc.





1973 Catalogo Triumph
1973 - Triumph Flyers



I nuovi modelli in produzione sono la T50T bicilindrica 500cc da fuoristrada prevista per il mercato americano, la X-75 Hurricane, la nuova bicilindrica 750cc (una versione maggiorata del 650cc che stava perdendo sostanziali quote di mercato) e la nuova versione della Trident denominata T150V.

Il catalogo Triumph 1973 per il mercato europeo comprende anche i seguenti modelli: T150 Trident 750cc, T120R Bonneville 650cc, Bonneville 750cc, TR6R Trophy 650cc (street scrambler), TR6C Tiger 650cc (singolo carburatore), Tiger 750cc (singolo carburatore), T100R Daytona 500cc (doppio carburatore), T100C Trophy 500cc (street scrambler), T25 Blazer SS 250cc (street scrambler monocilindrico), T25 Trial Blazer 250cc (trial monocilindrico).



1973 Produzione Trident a Birmingham 1973 Produzione Trident a Birmingham 1973 Produzione Trident a Birmingham
1973 - Linea di montaggio della Triumph Trident presso lo stabilimento BSA di Birmingham


1973 Tiger 750cc
1973 - Triumph Tiger 750cc con freno a disco anteriore (in test con Bob Currie)



Sul mercato USA, dove la Triumph vacilla da tempo sotto i colpi delle case giapponesi, le vendite crollano. C'è tempo però per commercializzare una versione della off-road TR5T riveduta e corretta in diversi piccoli particolari, come ad esempio la nuova forma della scatola filtro e alcuni attacchi del motore al telaio, prima che la produzione venga sospesa alla fine dell'anno 1973 (novembre) con un totale di 2.552 esemplari. Purtroppo questa moto dalla vita brevissima non riuscì a rubare quote di mercato alla Yamaha XT500 e alle enduro marchiate Honda (maggiori informazioni nella pagina Trophy).



1973 Triumph TR5T
1973 - Triumph TR5T



Con l’inizio degli scioperi nell’autunno del 1973 la produzione delle bicilindriche viene sospesa. Anche la produzione della Trident è interrotta: al tempo infatti i trecilindri erano costruiti a Small Heatd (BSA) mentre il telaio era competenza di Meriden (Triumph).

Il 15 agosto del 1973 muore Edward Turner, il progettista del bicilindrico Triumph nel 1936 che si è evoluto fino ai giorni nostri.


1973 Triumph Bonneville 750 Police
1973 - Bonneville 750cc attrezzata per la Polizia




1973 Catalogo Triumph
1973 - Copertina catalogo Triumph



1974 - Sciopero e blocco della produzione

Il 1974 è un anno di lotte sindacali: tra la NVT e Meriden è in atto un braccio di ferro. In particolare i rappresentanti sindacali spingono per la creazione di una cooperariva di lavoratori grazia al supporto finanziario del governo. Dopo interminabili incontri nella tarda primavera si raggiunge una tregua temporanea: le Trident tornarono in produzione nello stabilimento di Birmingham (grazie alla consegna delle attrezzature da parte degli operai di Meriden) ed alcune bicilindriche escono dalle catene di montaggio di Meriden. 

Con le nuove elezioni governative inglesi salgono al potere i laburisti e cambiano le persone coinvolte nella trattativa: in ottobre la situazione per Meriden si fa più difficile con la conseguenza del nuovo blocco totale della produzione. Nessun bicilindrico uscirà più dallo stabilimento fino all’anno successivo.



1974 Meriden in sciopero
1974 - Meriden (foto Mick Duckworth's archive - Save the Triumph Bonneville)


1974 Triumph Meriden1974 Triumph Meriden sciopero
1974 - Alcune della Bonneville prodotte  nel '74 nella pausa dello sciopero prima di ottobre




1974 Catalogo Triumph
1974 - Copertina catalogo Triumph



1975 - Nascita della cooperativa "
Synova Motors Limited" di Meriden e fine produzione della Trident

Dopo uno sciopero durato oltre diciotto mesi la Triumph risorge sotto forma di cooperativa il 06 marzo del 1975. Grazie infatti alla pressione del governo laburista verso la NVT nasce la "Synova Motors Limited" come "Meriden Motorcycles Co-operative".

Con il finanziamento del governo la neonata cooperativa acquista
dalla NVT alla cifra di £3,9m lo stabilimento di Meriden, le attrezzature necessarie per la produzione delle bicindriche. I diritti Triumph e delle twin rimangono in mano alla NVT.

Il Managing Director della nuova cooperativa è Geoffrey Robinson. I soci fondatori della cooperativa sono i 140 operai che hanno "picchettato" per tutti i 18 mesi lo stabilimento.

Il libro di John Rosamond racconta nel dettaglio la nascita e la vita della cooperativa fino alla chiusura nel 1983 e del ruolo fondamentale dei sindacati e del governo in questa trattativa ed in particolare di Bill Lapworth, Leslie Huckflield, Tony Benn e Jack Jones.

In base al nuovo accordo la NVT detiene i diritti commerciali del marchio Triumph e la produzione della trecilindri Trident mentre la nuova cooperativa riceve lo stabilimento di Meriden con le attrezzature. L’accordo prevede inoltre che per i primi due anni le bicilindriche prodotte da Meriden possano essere vendute,
ad un prezzo concordato, esclusivamente alla NVT che poi avrebbe poi messo sul mercato le moto. Questo accordo permette alla NVT di riavere le bicilindriche a catalogo e alla neonata cooperative garantisce una base di ordini per il primo periodo.



1975 Triumph NVT pubblicità
1975 - Agli inizi dell'anno la NVT annuncia la fine delle ostilità con Meriden e la ripresa della produzione



La produzione riparte praticamente con la sola Bonneville T140 750cc aggiornata con il comando del cambio a sinistra.

Durante lo sciopero, o meglio il "picchettamento" dello stabilimento di Meriden, in Triumph non si sta con le mani in mano ma si sviluppa la versione del bicilindrico con cambio a sinistra e freno pedale a destra. I prototipi furono testati dal collaudatore Chuck Knight nel parcheggio dello stabilimento (non c'era la copertura assicurativa per le motociclette in prova durante lo sciopero).



1975 - Collaudi all'interno del parcheggio di Meriden - Cambio a sinistra.



10-03-1975 Meriden cooperative first motorcycles
10 marzo  1975 - Prima Bonneville T140 prodotta dalla cooperativa  mossa da Don Yielding
(Coventry evening Telegraph/Mirropix
- Save the Triumph Bonneville)



Mentre la Triumph risorge come cooperativa, l'imponente fabbrica BSA di Small Heath della NVT chiude nel 18 dicembre 1975 e successivamente demolita nel 1977. Con la chiusura di Small Heath cessa definitivamente la produzione della mitica trecilindri Trident.

Il primo passo fatto dalla nuova cooperativa è quello di razionalizzare produzione e gamma apportando piccoli aggiornamenti continui. Ci si concentra sul bicilindrico 750 cc cercando un mercato di nicchia con un prodotto esclusivo evitando così il confronto diretto con la concorrenza giapponese. Si spera di aumentare le esportazioni negli USA e di consolidare la propria quota di mercato nel settore maxi in Inghilterra dove Triumph detiene ancora il 30%.

Purtroppo il mercato in poco meno di due anni è passato completamente in mano alle case giapponesi anche nel settore delle maxi in cui la Triumph è stata leader per decenni.

La rete vendite è allo sbando per mancanza di moto e ricambi, tanto che molti concessionari rinunciano al mandato. Le Bonneville del 1975 sono in sostanza le stesse del 1973 ma nel frattempo la concorrenza aveva aver fatto passi di gigante per tecnica e prestazioni.

In fabbrica sono rimasti in 300 (negli anni d'oro lavoravano 2.000 persone...), lo staff tecnico è saccheggiato dalla NVT che aveva strappato i migliori progettisti e soprattutto mancava la liquidità necessaria per sviluppare nuovi progetti.



1975 Logo NVT Triumph



1976 - Freno a disco
posteriore

Nel 1976 la gamma Triumph prevede due modelli o meglio due versioni dello stesso modello differenziata dal numero di carburatori: la
T140V Bonneville a due carburatori Amal e la TR7RV Tiger mono carburatore. Entrambe le motociclette sono mosse dal bicilindrico 744 cc con cambio a 5 marce ed utilizzano il telaio OIF.

Da segnalare l’aggiornamento dell’impianto frenante con l’introduzione del freno posteriore a disco comandato idraulicamente dal pedale destro. Durante l'anno il logo NVT viene eliminato dalla strumentazione.

 

1976 Triumph Tiger 750cc
1976 - Tiger 750cc - Gli strumenti riportano ancora il logo NVT



Dopo la demolizione della fabbrica di Birmingham la cooperativa di Meriden potrebbe rimettere in produzione la Trident maggiorata a 830cc. Purtroppo nella confusione della chiusura della BSA e a causa della mancanza di liquidità della NVT l'attrezzatura necessaria alla costruzione dell’albero motore viene messa all’asta e venduta segnando così la morte definitiva della Trident.

Gli uomini di Meriden costruiscono in un weekend un primo prototipo ibrido nato dall'unione di un telaio P39 della Bonneville e del trecilindri T160. Il resto della ciclistica è prelevata dalla Bonneville. Il passo successivo sarebbe stato quello di potenziare il trecilindri incrementandone la cilindrata a 900cc per creare la T180.




1976 - Ibrido: motore T160 e ciclistica Bonneville (a destra John Rosamond).
Il prototipo è ora conservato al National Museum verniciata di rosso/argento
(foto tratta da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond - cortesia di Mrs Pat Knight)




1976 - La Bonneville Premium presentata non ufficalmente al Salone di Earls Court. Da sinistra: Jim Barclay, Bob Haines e Chuck Knight
(foto tratta da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond - cortesia di Mrs Pat Knight)




Un altro prototipo mai entrato in produzione è la Bonneville Premium presentata allo stand della Lucas in modo non ufficiale al Salone di Earls Court. La cooperativa non aveva infatti i diritti per presentare nuove moto a marchio Triumph. La stampa espresse una critica positiva per la Premium... tranne che per i cerchi a tre razze troppo "futuristici". Il prototipo esposto dimostra comunque la voglia della cooperativa di testare il mercato. Anche questo prototipo è costruito dagli operai di Meriden durante il fine settimana (non pagato) per non diminuire la produzione di 350 moto a settimana.

John Rosamond (entrato in Triumph nel 1970 come saldatore) è eletto "Sheet Metal Worker's Director". Inizia così a partecipare alle riunioni del "consiglio di amministrazione" della cooperativa. Ricordiamo che Rosamond diventerà presidente della cooperativa e successivamente General Manager della neonata Triumph di Bloor. Durante la prima riunione del "Beneficiaries' Annual General Meeting" del 5 luglio '76 a cui partecipa Rosamond si decide di cambiare il nome della cooperativa da "Synova Motors Limited" a "Meriden Motorcycles Limited".

Vista le difficoltà nate con la crisi della NVT, la cooperativa decide di acquistare dall'azienda di Poore i diritti di marketing  del marchio Triumph in modo da essere commercialmente indipendente. Iniziano così estenuanti trattative con NVT ed il governo per trovare i fondi necessari (
£500.000).Le casse della cooperativa sono vuote e al momento sopravvive grazie ai prestitii governativi.

Un ex dipendente di Meriden Les Williams che commercializzava parti speciali e che aveva acquistato la mitica Slippery Sam, su commissione di un cliente costruisce 61 esemplari di quella che sarebbe dovuta diventare la futura Trident  alcune delle quali ottenute modificando le Trident acquistate precedentemente dalla Polizia dell’Arabia Saudita e poi rispedite in Inghilterra. La moto è battezzata Triumph Legend:


1976 Triumph Legend
1976 - Triumph Legend costruita da Les Harris (fotografata al National Museum di Birmingham)



1976 Catalogo Triumph
1976 - Copertina catalogo Triumph



1976 Logo Triumph NVT
1976 - Logo Triumph NVT presente sui cataloghi



1977 - Uscita di produzione dei vecchi ricambi per le 650 cc


Nel febbraio del '77 la produzione viene sospesa in attesa di definire la strategia per la distribuzione delle motociclette senza l'appoggio della NVT. Le moto tornano ad uscire dallo stabilimento il 23 marzo 1977 al ritmo di 250 pz a settimana.

Con l'assemblea del 29 aprile i soci vengono informati degli ultimi accordi con NVT. Nel verbale dell'incontro (che potete trovare nel libro "Save the Triumph Bonneville" già citato) si sancisce un accordo con la General Electric, gli accordi con il governo, l'acquisizione dalla NVT dei ricambi Bonneville e Trident, delle attrezzature per la costruizione della Trident e dei diritti del marchio Triumph.

L'accordco con la GEC General Eletric Company prevede l'acquisto di 2.000 motociclette al prezzo concordato di 500£ l'una. CIò nonostante la produzione settimanale deve scendere da 350 a 250 moto con la conseguenza di lasciare a casa 160 lavoratori. Allo stesso tempo la GEC collabora con la cooperativa e con i team di sviluppo per programmare le azioni correttive necessarie alla riduzione dei costi di garanzia in attesa dell'arrivo dei nuovi dirigenti. Il supporto degli uomini GEC sarà determinante per il miglioramento della qualità produttiva e l'organizzazione della cooperativa.

Per festeggiare il 25° anniversario del regno della regina Elisabetta, nel 1977, entra in produzione una versione limitata della Bonneville: la Silver Jubilee basata sulla Bonnie standard 750 cc e personalizzata con finiture rosse, bianche ed azzurre su base argento. I coperchi laterali del basamento sono cromati e le moto montano gli ammortizzatori posteriori a gas della Girling.


1977 Triumph Bonneville Silver Jubilee



1977 - Presentazinoe della Silver Jubilee e certificato di proprietò (John Nelson archive)



Un migliaio di SJ sono vendute in Inghilterra ciascuna con un certificato di origine, altrettante negli USA e circa 400 nel resto del mondo.

Nel 1977 viene sospesa la produzione dei ricambi per i motori 650cc lasciando così i vecchi Triumphisti in balia di se stessi.
Allo stesso tempo si valutano strade da percorrere per ridurre le vibrazioni percepite dal pilota: si prova un telaio con supporti anti-vibranti e l'aggiunta di un albero controrotante per il bicilindrico. La secondo soluzione non entrerà in produzione per gli elevati investimenti richiesti.

Il 1° agosto del 1977 viene annunciato il nuovo management: John Nelson (managing director), David Martin (financial controller, Brian Jones (chief engineer), Brenda Price (sales and commercial function). Con l'arrivo di questo nuovo gruppo, il supporto della General Eletric viene progressivamente ridotto.

Il 6 settembre John Rosamond viene eletto "Chairman of the Advisory Board of Director".

Il 14 dicembre 1977 viene annunciata la Bonneville T140A MY1978 USA conforme alle normative sull’inquinamento americane, modello fondamentale visto l’importanza del mercato americano per la cooperativa.


 1977 Bonneville 750cc
1977 - Bonneville 750cc



1978 - Fallimento gruppo NVT

Con l’inizio del ’78 la struttura dirigenziale della cooperativa passa alla seconda fase già prevista dal ’75, ed il ruolo di alcune persone cambia: Brenda Price lascia la parte “sales and commercial” per entrare nel consiglio direttivo della cooperativa.

Brenda Price, ritornata dalla visita americana, conferma la richiesta da parte dei concessionari americani della disponibilità di ricambi per le moto non più in produzione: trident, vecchi 650cc e 500cc. Senza questa condizione non sarebbero state ordinate le nuove bicilindriche.


Il 28 marzo del 1978 la rivista Motor Cycles News pubblica l’annuncio del fallimento del gruppo NVT. I diritti del marchio Triumph diventano quindi proprietà della cooperativa di Meriden. La sola Triumph, sottoforma di cooperativa, continuerà a rappresentare l’industria motociclistica inglese fino alla chiusura del 1983.

La Bonneville continua ad essere prodotta con pochi cambiamenti rispetto all’anno precedente: nuove lampade alogene, carburatori Amal Concentric Mark 2, piccoli accorgimenti al sistema di aspirazione e alla testa. Queste modifiche furono introdotte per soddisfare i requisiti normativi americani sempre più severi. Questi "piccoli" aggiornamenti assorbivano tutte le risorse tecniche della piccola cooperativa con la conseguenza che non fu possibile sviluppare in parallelo nuovi progetti.

Per la definizione dei MY1979, in Triumph vengono preparate alcune estetiche per un modello più ricercato e costoso. Lo studio di Jez Bradley (un studente del politecnico di Coventry che collabora con la cooperativa) è focalizzato al mercato americano e presenta una bicilindrica fortemente ispirata alla Yamaha flat track americana mentre Tom Hyam (lo stilista interno) presenta la T140D una versione in classico stile custom low-ride.

La produzione di nuovi cilindri in alluminio viene abbandonata a causa delle £3.000 necessarie per le attrezzature di produzione.



1978 Triumph Advertising
1978 - Pubblicità Triumph



1979 - Bonneville Special T140D

La semplificazione della produzione e la qualità dell’assemblaggio riporta la Triumph a riconquistare una posizione dominante nella classe 750 sul mercato interno, tanto che la Bonneville T140E (con accensione elettronica) viene eletta moto dell'anno dalla rivista MCN. Nello stesso tempo la cooperativa accumula un passivo di oltre 2 milioni di steriline.

Nel 1979 Margaret Thatcher viene eletta primo ministro inglese e si impegna a rovesciare il declino economico che interessava il Regno Unito oramai da qualche decennio. Una delle prime azioni sarà quella di riscuotere i crediti dalle aziende debitrici con lo stato, fra cui ovviamente rientra anche la Cooperativa di Meriden alla quale il governo chiede la restituzione di 5 milioni di sterline più gli interessi maturati.

Il catalogo si arricchisce della Bonneville T140D, la Bonneville Special con cerchi in lega Lester scarico due in uno posizionato a destra e verniciatura nera con filetti dorati.


1979 Triumph Bonneville Special

1979 Triumph Bonneville Special

1979 Triumph Bonneville Special
1979 - Bonneville Special fotografata nel cortile di Meriden ed al National Museum di Birmingham



In una lettera ai concessionari Triumph annuncia l’aumento delle vendite del 20% e la presenza di nuovi progetti in cantiere chiedendo di dare fiducia all’azienda. La lettera concludeva con la famosa frase “We’re British, we’re Triumph and we’re here to stay”.

Il momento non è dei migliori per le vendite negli USA a causa dell’alto valore della sterlina rispetto al dollaro. Nel mercato americano una Bonneville Special di listino costa 600 dollari in più della Suzuki GS750 4 cilindri… ed anche con questi prezzi di vendita il margine per la casa madre è quasi nullo.

Il budget USA per il 1979 è fissato a 8.000 motociclette su una produzione totale di circa 12.000 pezzi: il mercato americano ne assorbirà solamente 4000 moto. Vista la rimanenza in casa di 4000 bonneville si fissa il budget per il 1980 a sole 2.800 motociclette.


1979 Pubblicità Triumph
1979 - Pubblicità Triumph



1979 Range Triumph
1979 - Gamma Triumph



1980 - Bonneville Phoenix e Executive Electro


Triumph entra quindi negli anni ’80 occupando una posizione di nicchia nel mercato motociclistico: le Bonneville sono apprezzate per il marchio, la semplicità, lo stile ed un po’ di nostalgia. Il 1980 porta alle bicilindriche inglesi l’avviamento elettrico, una nuova pompa dell’olio e la posizione rialzata degli scarichi per permettere una maggiore luce a terra.



1980 Triumph Bonneville avviamento elettrico
1980 - Avviammento elettrico è finalmente disponibile.



La situazione finanziaria è critica. Harry Hooper, amministratore della Armstrong Equipment, è interessato ad acquistare la cooperativa ma non i debiti di oltre 12 milioni di sterline.

In occasione del salone di Earls Court è presentata la Bonneville Phoenix una low-rider che si differenzia dalla Bonneville standard per il telaio, la sella a due piani, il manubrio alto ed il grosso pneumatico posteriore. Presentata anche la nuova  Bonneville Executive Electro con cupolino, borse rigide e top box. La gamma MY1981 era composta da:

- Bonneville Electro (T140ES)
- Tiger TR7V
- Bonneville Special (T140D)
- Bonneville Executive - Touring



1980 Triumph Bonneville Phoenix
1980 - Prototipo Bonneville Phoenix presentata a Earls Court


1980 Bonneville Executive
1980 - Bonneville Executive Electro con cupolino e borse rigide



1980 Earls Court Triumph Bonneville Execytive MY1981
1980 - Earls Court - Bob Haines descrive la nuova Bonneville Executive Electro ad un visitatore.
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond (Paul Golledge's archive)



Al salone di Parigi, sempre del 1980, è presentata la Tiger Trial che segue la moda delle varie enduro del tempo (Honda XL, Yamaha XT,…). Dotata del bicilindrico da 649cc alimentato da un singolo carburatore Amal e cambio a 5 marce è in grado di erogare circa 45CV. Rimarrà a listino per due anni senza particolare successo.



1980 Triumph Tiger Trial 650cc

1980 Triumph Tiger Trial 650cc

1980 Triumph Tiger Trial 650cc
1980 - Tiger Trial 650cc presentata al salone di Parigi



Al salone di Birmingham del 1980 è esposto il prototipo TS8-1 con carenatura caratterizzata da linee molto spigolose e doppio faro quadro integrato. Il motore è coperto dalla carenatura e non è ben visibile. Il prototipo monta la nuova testa a 4 valvole per cilindro che entrerà in produzione nel 1982 con la Bonneville TSS. Il motore è montato tramite silent block disegnati da Bernard Hooper, il responsabile del progetto Norton Commando isolastic system.



1981 Triumph Bonneville TS8-1
1980 - Bonneville TS8-1 - Immagine promozionale - Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond




1981 Triumph Bonneville TS8-1
Bonneville TS8-1 esposta, grazie a Abbey Garage e al club dei possessori Triumph, al salone Earls Court del 1981.
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond - (courtesy London Motorcycle Museum)




Nell’Ottobre del 1980 i debiti vengono quasi azzerati dal governo.



1980 Bonneville T140E
1980 - Bonneville T140E per il mercato americano



1981 - Crollo vendite negli USA ed ipoteca sullo stabilimento

Nel 1981 la cooperativa produce una versione Bonneville commemorativa per il matrimonio di Carlo e Diana caratterizzata dal serbatoio cromato (maggiori informazioni alla pagina Bonneville Unit)



1981 Bonneville T140LE
1981 - Bonneville T140LE ROYAL in edizione limitata per il matrimonio di Carlo e Diana (400pz)




1981 Triumph Bonneville Royal Edition
1981 - Bonneville T140LE ROYAL - Foto catalogo UK



In aprile ritorna un nome storico nel catalogo Triumph: la Thunderbird TR65 650 è la versione economica della Bonneville venduta a 140 sterline in meno e dotata di freno a tamburo al posteriore, coperchi carter verniciati in nero opaco, e scarico due-in-uno sul lato sinistro. La cilindrata è ottenuta riducendo la corsa a 71,5mm. La TR65 avrebbe dovuto fare concorrenza alla Yamaha XS650 che era però
dotata di avviamento elettrico a parità prezzo di listino.



1981 - Thunderbird TR 65 650cc   1981 - Thunderbird TR 65 650cc 

1981 - Thunderbird TR 65 650cc
1981 - Thunderbird TR 65 650cc - Motore con rifinitura nera e singolo scarico 2 in 1 sul lato sinistro.



Tra il 1980 e 1981 sono presentate varie serie speciali per attirare la clientela. Le moto sono assemblate in modo curato e  sono meglio rifinite delle precedenti.

I fornitori inglesi di componentistica per moto falliscono uno ad uno e Triumph è costretta ad acquistare all’estero: ammortizzatori Marzocchi, indicatori di direzione Bosh, strumenti Veglia ed altro ancora. I nuovi fornitori vogliono però essere pagati in anticipo e con la mancanza di liquidità inizia a scarseggiare il materiale per la produzione.

Le vendite negli USA crollano (500 motociclette nel 1981), i debiti aumentano e molti dipendenti inziano ad andarsene autonomamente. Il governo interviene con un altro aiuto finanziario pari a 2 milioni di sterline ma gli interessi accumulati con le banche costringono la cooperativa ad ipotecare lo stabilimento. Pur di far sopravvivere lo storico marchio Triumph si tenta la vendita dell’azienda. Furono presi contatti con Kawasaki ed un’altra azienda (Amstrong) senza però arrivare ad un accordo. Anche la Harley Davidson è interessata ma l’accordo non viene portato a termine a causa della crisi che anche l’azienda americana stava attraversando.

Non c'erano più soldi e Triumph si trovava fortemente indebitata con le banche al punto che anche gli operai restavano senza paga per alcune settimane.


1981 - Tiger TR 7 750cc
1981 - Tiger TR 7 750cc



1982 - T140W TSS 4 valvole per cilindro

Nel 1982 nonostante le poche risorse disponibili la cooperative riesce a mette in produzione due nuovi modelli.

Il primo modello è la Bonneville T140W TSS,  presentata nel marzo del 1982, dotata del nuovo motore a quattro valvole per cilindro e doppio freno a disco anteriore. La potenza sale a 58CV a 6500 giri con un incremento di circa il 16% ed una velocità massima effettiva di oltre 196 km/h!


1982 - Bonneville T140W TSS
1982 - Bonneville T140W TSS



La seconda novità è la versione custom battezzata TSX, caratterizzata da cerchi Morris, pneumatico posteriore da 16 pollici, manubrio alto e scarichi a megafono spinto dal classico bicilindrico 750cc a due valvole per cilindro.



1982 - Bonneville TSX

1982 - Bonneville TSX
1982 - Bonneville TSX in una foto dell'epoca e  presso il National Museum di Birmingham




1982 Triumph Factory
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond





1982 Triumph Thunderbird 650
1982 - Poster della economica Thunderbird 650
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond





1982 Triumph Triger TR7T Trial
1982 - Poster della Tigert TR7T Trial guidata da Bob Haines
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond





1982 - Bonneville edizione speciale per il mercato americano derivata dalle Royal del 1981
Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond (courtesy Erum Waheed's archive)




1982 Triumph range
1982 - Poster della produzione 1982/1983 - Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond





1980 Pubblicità Bonneville T140D USA

Pubblicità
Bonneville T140D per il mercato americano -  Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond




1983 - Diana bialbero raffreddato a liquido e chiusura definitiva di Meriden

La produzione viene sospesa nel gennaio del 1983. L’ultima moto a scendere dalla catena di montaggio di Meriden è una Bonneville per il mercato USA oggi conservata presso il London Motorcycle Museum.



1983 - Ultima Triumph Bonneville prodotta a Meriden
1983 - Ultima Bonneville prodotta a Meriden ora custodita al London Motorcycle Museum




1980 Triumph Bonneville
David Essex (famoso attore e cantante inglese)  in sella ad una Bonneville con avviamento elettrico in occasione della presentazione.
Immagine pubblicitaria. Tratto da "Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond
 


Si tenta comunque di attirare gli investitori con un ultimo sforzo al Salone di Birmingham, inaugurato il 18 marzo del 1983, presentando una gamma completamente rinnovata ed un prototipo di una motocicletta finalmente moderna mossa da un bicilindrico 900cc bialbero raffreddato ad acqua.

I modelli presentati sono l’evoluzione della TSX dotata del motore a 8 valvole e la nuova versione della Bonneville TSS. Quest’ultima è aggiornata nelle grafiche, nella sella dotata di codino e maniglione, e nei parafanghi. Diversi sono anche gli scarichi e le pedane arretrate. La novità più interessante è il montaggio del motore tramite silent-bloc in modo da isolarne le vibrazioni.


1983 - Bonneville TSS
1983 - Bonneville TSS



Nonostante le difficoltà enormi della cooperativa, sono inoltre presentate due bicilindriche da 599cc per rientrare nei benefici fiscali assicurativi varati in Inghilterra per motociclette di cilindrata inferiore a 600cc. Si tratta di una custom battezzata Thunderbird costruita sulla base della TSX (mono carburatore) e della Daytona 600 a doppio carburatore  dotata della nuova livrea pensata anche per le Bonneville. Il motore a corsa corta (76 x 66mm) è dotato di di avviamento elettrico e cambio a cinque rapporti. La potenza, nella versione bicarburatore, è di 40CV con un peso di circa 184Kg. Entrambe le moto sono dotate di freno a disco anteriore da 250mm. Le due motociclette presentano alcune modifiche introdotte anche per la Bonnevielle: sella con codino, fianchetti, scarichi, ammortizzatori Marzocchi e comandi a pedale riposizionati.


1983 - Daytona 600cc

1983 - Daytona 600cc
1983 - Daytona 600cc



1983 - Thunderbird 600cc
1983 - Thunderbird 600cc


Phoenix - Diana 900

Dopo aver scartato il bicilindrico Bonneville con controalberi equilibratori e distribuzione monoalbero, nel 1980 il responsabile dell'ufficio tecnico Brian Jones inizia gli studi per un nuovo propulsore da 900cc che nel codice interno della fabbrica prende il nome di Diana, in onore alla ononima principessa.

Il prototipo della motocicletta presentato a Birmingham, Phoenix 900, era stato realizzato in fretta tanto che fu mostrata una maniquette non funzionante esposta nella zona più alta dello stand per nasconderne le rifiniture. Il motore invece era un progetto molto più concreto ed esposto in maniera che potesse essere toccato (guardate i video linkati in fondo a questa pagina per vedere lo stand al salone di Birmigham).


Il progetto "Diana" è considerato il testamento di Meriden ed allo stesso tempo il passaggio di consegne alla nuova Triumph di Hinckley. Il progetto sarà infatti il primo lavoro su cui si impegnerà il nuovo staff di Bloor dopo il 1984 (questo motore verrà studiato e poi abbandonato dalla nuova Triumph).

I dirigenti di Meriden concordano che il vecchio bicilindrico ha concluso la sua storia e così, già dal 1980, iniziano a progettare il propulsore del futuro. Il presidente della cooperativa, il 38enne John Rosamond, ed il direttore Bill Beattle incaricano il responsabile tecnico Brian Jones del nuovo progetto.

Il 18 febbraio del 1981 Jones presenta una relazione sul suo nuovo motore. Il progetto battezzato "T140W2 Diana", in onore alla principessa, è un bicilindrico bialbero in testa raffreddato ad acqua sviluppabile in tre diverse cilindrate. I punti fermi nello sviluppo sono la riduzione delle vibrazioni ed una vita di almeno 100.000 km.

In un intervista del 2001 Brian Jones ricorda "Lo sviluppo del vecchio bicilindrico poteva darci ancora dei risultati, comunque limitati. Oltre alla testa a 8 valvole per permetteva maggior potenza, abbiamo studiato un sistema di silent-bloc per isolare le vibrazioni e non c'è dubbio che ciò avrebbe reso la Bonnie molto migliore, ma non a lungo. E' ovvio che dare al motociclista un motore liscio ha come conseguenza la lancetta del contagiri sempre molto vicino alla zona rossa ed il nostro motore non era certo in grado di sopportare tutto ciò. Allora, nonostante la mancanza cronica di soldi, dicidemmo per un progetto tutto nuovo che ci avrebbe permesso una produzione razionale ed eliminasse il problema delle vibrazioni. Dal momento che non avevamo la possibilità di realizzare tutto a Meriden, ci appoggiammo per la progettazione e la sperimentazione alla Weslake di Ron Valentine con la quale avevamo collaborato per la testata a 4 valvole della TSS. Il problema delle vibrazioni, dal momento che per filosofia aziendale volevamo realizzare un bicilindrico parallelo, avevo tentato di risolverlo al punto 2 della mia relazione tecnica, brevettando il sistema Morton Balance Device. Oggi è molto facile criticare quel progetto di tanti anni fa, ma non potevamo fare di più. Tutto sommato Jonh Bloor ha fatto bene ad accantonare il nostro motore. L'MBD era sì molto originale ma avrebbe dato grossi problemi anche per quanto riguarda gli  ingombri"


Il sistema antivibrazioni, MBD, è costituito da due pesi oscillanti collegati all'albero motore che si muovo in direzione opposta alle bielle ed ai pistoni. I primi prototipi montati erano nella versione da 900cc (84,5x80mm) ma Jones aveva pensato anche alle versioni da 750cc (corsa 66,7mm) e da 597cc (75,5 x 66,7mm). La testa è ovviamente a quattro valvole per cilindro.

Riportiamo qui di seguito l'analisi tecnica tratta da motociclismo:



1983 Triumph Diana 900cc
1983 - Il nuovo bicilindrico raffreddato ad acqua progettato da Jones "Diana" (in onore della principessa)



Vengono costruiti tre basamenti completi più due motori per le prove. Ricorda Gary McDonnel (ancora oggi nel 2010 dipendente Triumph):"Con Copland abbiamo eseguito le prove al banco rilevando alcune problematiche di pressione dell'olio ma il motore ha girato per tre giorni alla massima potenza prima di rompere l'albero motore. Ho avuto anche modo di provare il prototipo che aveva un ottima guidabilità ma difettava in fatto di prestazioni. Brian Jones era un tecnico di valore con una grande esperienza: stava sviluppando questo nuovo motore senza un budget senza mai perdere l'entusiasmo".

Al salone di Birmingham John Rosamond, ricordiamo il presidente della cooperativa, dichiara "Non è ancora certo che questo motore possa andare in produzione. Abbiamo calcolato che ci servono ancora 72 settimane per effettuare lo sviluppo e passare alla produzione. Ma vi sono anche altri problemi da risolvere. Dovremmo infatti trovare una nuova fabbrica dove installare le nuove catene di montaggio e trovare nuovi finanziatori."



1983 Triumph Diana 900cc


1983 Salone Earls Court Triumph Phoneix
1983 - Il nuovo bicilindrico raffreddato ad acqua tolto dal banco prova ed esposto al salone


1983 Triumph Diana 900cc

1983 Triumph Diana 900cc


1983 Salone Earls Court Triumph Phoneix
1983 - Prototipo della Phoenix 900 esposto al salone di Birmingham all'inizio del 1983
(Foto a colori tratta da
"Save the Triumph Bonneville" di John Rosamond)

Da gennaio la produzione è ferma, ma la cooperativa non demorde. Rosamond affida il futuro della fabbrica alla West Midlands County Council per cercare nuovi finanziatori. La West Midlands ingaggia la Weslake (!) per avere una valutazione tecnica del nuovo progetto. La valutazione non può essere che positiva ed inzialmente viene annunciato un prestito di circa 500.000 sterline per lo sviluppo e l'acquisto delle linee produttive.

Secondo alcuni giornali però la Triumph pecca, oltre che di copertura finanziaria, nella progettazione, nel marketing e nella gestione patrimoniale. Il debito ammonta a 12 milioni di sterline ed i soli interessi sono già un grosso problema da risolvere. Si pensa a vendere lo stabilimento ed i terreni di Meriden e di acquistare la vecchia fabbrica della Dunlop a Cash's Lane vicino al centro città di Coventry dove poter ripartire. In quella che dovrebbe essere la nuova sede, sono gli stessi operai che iniziano ad effettuare alcuni lavori di ristrutturazione (febbraio 1983).

Nessuno venne in aiuto, e gli stessi lavoratori (meno di 150) il 26 agosto del 1983 decidono per il fallimento della cooperativa. Anche Triumph, l’ultima testimonianza della grande industria motociclistica britannica chiude i battenti.



1983 Meriden Factory
1983 - Lo stabilimento di Meriden visto dall'alto


1983 Meriden Triumph factory demolition


1983 - Lo stabilimento di Meriden viene demolito alla fine dell'anno



Tutto quello che rimane dello stabilimento di Meriden è un monumento a memoria inauguratoil 7 ottobre del 2005 da John Nelson:


7 ottobre del 2005 (foto Mick Duckworth)




Un interessante documentario è stato girato tra il 1982 ed 1983 nel quale si
racconta direttamente dalla voce dei protagonisti, le vicence e gli ultimi anni difficili della Cooperativa Triumph di Meriden: le riunioni, l'attesa del credito dalle banche, il prototipo del bicilindrico Diana raffreddato ad acqua al banco, l'inizio dei lavori nella vecchia fabbrica Dunlop ed infine l'ultimo salone di Birmingham del 1983 prima del fallimento. Assolutamente da guardare. Potete trovarlo su Youtube o scaricarlo dai link qui sotto:






Nei video di cui sopra avrete visto spesso il nome di John Rosemont in qualità di "presidente" della cooperativa di Meriden. In occasione del 50° anniversario della Bonneville, nel 2009, Rosamond ha pubblicato un interesante libro intitolato "Save The Triumph Bonneville!" che racconda, con informazioni e foto inedite, gli ultimi anni della Triumph di Meriden in veste di cooperativa. Assolutamente da leggere. Lo trovate in rete.


2009 - Il libro di John Rosamond che racconta gli ultimi anni di Triumph








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