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TRIumph + norTON   =     TRITON

IL SOGNO DEGLI ANNI SESSANTA

in collaborazione con Claudio Sintich



All’ inizio degli anni sessanta in Inghilterra non erano disponibili moto sportive di serie come le race-replica di oggi. I rockers, che avevano il desiderio di cavalcare moto simili a quelle che gareggiavano sui circuiti Inglesi, avevano però la possibilità di comprare i pezzi per elaborare le loro moto presso i vari preparatori: Paul Dunstall per la Norton, Eddie Dow per la BSA, i fratelli Rickman con i loro telai Metisse e tanti altri. Così nacquero le Cafe Racer, le prime special sportive dell’era moderna. Strutture ridotte all’osso, telai derivati dai GP e motori preparati: questo il loro biglietto da visita. Norvin e Triton sono stati i modelli più rappresentativi di questo fenomeno.





Naturalmente l’estetica della moto finita era legata a parecchi fattori: al gusto del proprietario, ai pezzi scelti  e soprattutto alla disponibilità economica. Ecco quindi nascere un numero incredibili di motociclette sportive ognuna diversa dalle altre.


Rocker ieri

Rocker oggi


Nel 1950 i fratelli McCandless di Belfast costruirono un nuovo telaio per il Norton Manx, un doppia culla continua, realizzato in tubi Reynolds 531, tutto saldato con il canotto di sterzo triangolato  (vedi foto in basso a destra) che rese immediatamente tutti gli altri telai dell’epoca preistorici (vedi il telaio del Triumph Bonneville del 1962 in basso a sinistra ). Harold Daniels, pilota di punta della Norton, dopo averlo provato, disse che era così confortevole che sembrava di dormire su un letto di piume, ecco perchè il nome FEATHERBED. Nel novembre del 1951, al Salone di Londra viene presentata la sua versione stradale denominata Wideline e adottata sulla Dominator Model 88. Durante la sua carriera il Featherbed viene più volte modificato. Essendo stato costruito intorno ad un motore monocilindrico ad asse a camme in testa, il telaio era largo ed alto e questo permetteva di metterci dentro qualsiasi motore creando vari ibridi: infatti montandoci il motore  Ariel 1000 quattro cilindri diventava NORIEL, con il motore BSA Gold Star diventava NORBSA, con il  motore Vincent diventava NORVIL, con il motore Triumph diventava TRITON. Quest'ultimo era il più diffuso perché si trovavano molte Triumph dai demolitori ed i pezzi per elaborare i motori erano facilmente reperibili e meno costosi rispetto al Norton o al BSA Gold Star.

In quel periodo il moto con le prestazioni  migliori era il Triumph Bonneville, ma il suo telaio era “un cammello incinto che scodinzola”, quindi perchè non costruire una special unendo il motore ed il telaio migliori ? 


Telaio Bonneville pre-unit

Telaio Featherbed



Nel 1960 il telaio Norton Featherbed subì una modifica cambiando la larghezza della culla che reggeva la sella, da quel momento per distinguere i due modelli venne chiamato Featherbed Wideline il primo, entrato in produzione nel 1950, e Featherbed Slimline il secondo.

Il modo più economico per avere un Triton era sostituire da una motocicletta Norton il motore con uno Triumph lasciando inalterata la ciclistica. Poi secondo il budget a disposizione si montavano il serbatoio dell’olio e della benzina in alluminio, Il freno anteriore Manx, i cerchi in alluminio, i carburatori Amal GP in magnesio, i collettori di scarico più rastremati chiamati swept-back con le marmitte del Gold Star che avevano un suono particolare. Al posto dei supporti del faro anteriore originale si metteva quelli di John Tickle che aveva a catalogo tante altre parti come pedane arretrate, mezzi manubri ed altro. All’inizio degli anni sessanta il Norton Manx non era più molto competitivo e con l’avvento di una nuova categoria di (auto) monoposto da competizione Cooper motorizzata dal motore Manx, sul mercato si trovavano delle ciclistiche complete a poco prezzo. Le persone più agiate mettevano dentro un motore Triumph ed ecco un bel TRITON  con estetica e ciclistica da corsa .

All’epoca la Triton era definita “the best engine in the best frame”!




Dudly's Triton



Per chi non era capace ad eseguire le varie modifiche c’erano parecchi specialisti, uno per tutti Dave Degens, che aveva un negozio a Londra chiamato Dresda Autos, che è anche riuscito a vincere una 24 ore a Barcelona con una Triton nel 1964  e che continua ancora oggi a costruire Triton. Il suo telaio Dresda ricorda molto il Letto di Piume pur avendo ha i tubi di diametro minore.







LA NASCITA DI UN NUOVO TRITON







Questa può essere una buona base di partenza, non pensiamo alla spesa, teniamo il telaio Letto di Piume, forcella Norton, motore e cambio Triumph, fanale anteriore Lucas. Il nostro obiettivo e costruire un TRITON facile da mettere in moto, da guidare, con un motore potente ma non esasperato. In officina abbiamo un serbatoio benzina in fibra di vetro,  per comodità di guida decidiamo di montare un  manubrio comodo, per essere tranquilli sulla frenata un  freno anteriore Ceriani, per fare sembrare la forcella corsaiola molle esterne del Manx, visto che il pilota è molto leggero non ha senso tenere le molle interne stradali che sono state pensate per due persone.






Due ammotizzatori nuovi, per il freno posteriore prendiamo un freno conico del Triumph che assomiglia a quello del Manx ma  costa molto meno, cerchi in alluminio tanto quelli in acciaio sono da buttare. Per le piastre motore in ergal ci rivolgiamo alla Dresda, invece serbatoio centrale dell’ olio in alluminio con incorporato portabatteria e collettori di scarico swept back dalla Unity Equipe, che ha un catalogo fornitissimo di pezzi. Per facilitare l’avviamento il motore viene lasciato originale senza elaborazioni. La dinamo è diventata a 12 volts, così di notte si vede dove si va, due carburatori Amal Concentric nuovi con degli spessori di fibra tra carburatori e collettori d’aspirazione per non farli scaldare troppo, qualche centinaio di ore di lavoro ed ecco il  risultato:







Motore con circa 50 cavalli, peso sui 140 chili, con due belle gomme moderne ribassate con ruote da 18”, un’agilità incredibile e una precisione di guida fantastica, con frenata addirittura esuberante per le sue prestazioni. Dato il poco peso, abbiamo dovuto allungare ancora i rapporti per facilitarne  l’uso. Per risparmiare peso parafanghi in alluminio, come il portatarga posteriore, le leve del freno e della frizione. Subito ci siamo resi conto che il magnete dava dei problemi di avviamento e non faceva girare bene il motore al minimo, l’abbiamo spedito alla Kirby Robotam, dove lo hanno svuotato e  hanno messo all’interno  l’accensione elettronica, che ha letteralmente trasformato il comportamento del motore.

Volendo poter sfruttare al limite la ciclistica, possiamo elaborare ulteriormente  il motore, mettendo un albero motore più recente in un pezzo solo invece che imbullonato, testa e cilindro con 9 bulloni di fissaggio, camme e tappets del Thruxton, con relativi collettori di aspirazione più lunghi, scarico Thruxton, potenza circa 60 cavalli, un bel cambio a 4 marce ravvicinate, o volendo, un  5 marce Quaife, a questo punto una trasmissione primaria a cinghia, un nuovo mutuo presso la vostra banca per pagare il salatissimo conto, ma volete mettere la soddisfazione per il mezzo esclusivo che avete fatto ?
Dimenticavo. E mettere un cilindro in alluminio invece che l’originale in ghisa giusto per levare via quegli ultimi 10 chilogrammi ?
Meditate, gente, meditate …….


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Le foto che seguono sono tratte da Motociclismo d'Epoca (nov 2001) e ritraggono la Triton di Roberto Crepaldi costruita da Giuseppe Pettinari.


                     












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